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Microplastiche e nanoplastiche negli alimenti: una questione emergente

Microplastiche e nanoplastiche negli alimenti: una questione emergente

29/07/2016

Esiste un interesse globale per l'impatto dei rifiuti di plastica presenti nei mari e nei corsi d'acqua sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica. L'EFSA ha compiuto un primo passo verso una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei frutti di mare.

 

L'EFSA definisce microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5 000 micrometri (µm), o 5 millimetri, per dare un'idea. Le nanoplastiche misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

 

A seguito di una richiesta da parte dell'Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR), è stato chiesto al gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare di fornire una dichiarazione sulla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti,in particolare nei frutti di mare.

 

L'EFSA ha esaminato in modo esaustivo la letteratura esistente in argomento, rilevando l'insufficienza dei dati relativi alla presenza, alla tossicità e al destino – ossia che cosa accade dopo la digestione – di tali materiali ai fini di una valutazione completa del rischio e rivelando che le nanoplastiche richiedono un'attenzione particolare. L'esame ha consentito all'EFSA di fare il punto sugli sviluppi scientifici in questo ambito, di individuare lacune in termini di dati e di conoscenze e di formulare raccomandazioni sulle priorità di ricerca per il futuro allo scopo di affrontarle.

 

Questi rifiuti di plastica galleggianti si frammentano gradualmente in particelle più piccole, che alla fine diventano microplastiche e persino nanoplastiche. Si tratta di pellet, fiocchi, sferoidi e anche granelli sintetizzati in queste dimensioni.

 

Non esistono dati sulla presenza di nanoplastiche negli alimenti, ma vi sono alcune informazioni sulle microplastiche, in particolare per l'ambiente marino. Si registrano elevate concentrazioni nei pesci, ma poiché le microplastiche sono presenti per lo più nello stomaco e nell'intestino, che di solito vengono eliminati, i consumatori non ne risultano esposti. Tuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione. Ne è stata riferita la presenza anche nel miele, nella birra e nel sale da tavola.

 

Una potenziale preoccupazione riguarda le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili (PCB) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti. È quindi importante stimare l'assunzione media.

 

Sappiamo che le nanoparticelle di sintesi (da diversi tipi di nanomateriali) possono penetrare nelle cellule umane, con potenziali conseguenze per la salute. Ma sono indispensabili ulteriori ricerche e maggiori dati.