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L’EFSA si pronuncia sul trattamento termico dei molluschi bivalvi

L’EFSA si pronuncia sul trattamento termico dei molluschi bivalvi

14/01/2016

I molluschi bivalvi come cozze, ostriche e vongole possono essere fonte di infezione da Norovirus (NoV) e da virus dell'epatite A (HAV). Le particelle virali si accumulano nei loro tessuti mentre si alimentano, filtrando acque contaminate. Il  trattamento termico, necessario per eliminare eventuali virus, può di contro alterare la qualità del prodotto.

A seguito di una richiesta della Commissione europea, il gruppo di esperti scientifici sui pericoli biologici (gruppo BIOHAZ) ha chiesto all'Autorità europea per la sicurezza alimentare di fornire un parere scientifico sulla valutazione dei trattamenti termici, diversi da quelli normalmente stabiliti nella legislazione comunitaria, che potrebbero essere applicati ai molluschi bivalvi provenienti da zone di produzione B e C, che non sono stati sottoposti a depurazione o stabulazione, al fine di eliminare i microrganismi patogeni.

I metodi di trattamento consentiti sono (a) la sterilizzazione in contenitori ermeticamente chiusi e (b) trattamenti termici comprendenti: (i) immersione in acqua bollente per il tempo necessario a portare la temperatura interna della carne ad un minimo di 90 °C e mantenimento di questa temperatura minima per un periodo non inferiore a 90 secondi (s)  (ii) la cottura per 3 a 5 minuti  in uno spazio chiuso in cui la temperatura è compresa tra 120 e 160 °C e la pressione è compresa tra 2 e 5 kg/cm2, con successiva sgusciatura e congelamento della carne a una temperatura interna di -20 °C; e (iii) a vapore sotto pressione in uno spazio chiuso che soddisfino i requisiti relativi al tempo e la temperatura interna della carne dei molluschi di cui al (i) di cottura.

Gli esperti dell'EFSA hanno valutato le possibili alternative agli attuali trattamenti termici, prescritti dalla legislazione UE, prima della loro commercializzazione. In particolare per identificare combinazioni di tempo e temperatura è stato sviluppato un modello di inattivazione termica al fine di ottenere la stessa riduzione logaritmica ottenuta con un trattamento a 90 °C per 90 s.

Gli studiosi hanno evidenziato che il corrente processo di un trattamento termico può determinare una riduzione della quantità di virus differente in funzione del processo utilizzato e soprattutto del tempo necessario per raggiungere i 90° C e ritornare alla temperatura ambiente.

Gli esperti dell'EFSA raccomandano che i gestori del rischio definiscano il livello appropriato di tutela della salute pubblica. Inoltre si raccomanda di sviluppare una valutazione quantitativa del rischio (QRA) tenendo conto delle differenze fra classi di classificazione (A, B o C) e aree geografiche con differenti endemicità di HAV in popolazioni umane e trattamento delle acque reflue, per fornire le informazioni necessarie per l'istituzione di un criterio di prescrizione per il trattamento termico.